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I sofisti

    erano considerati maestri di virtù che si facevano pagare per i propri insegnamenti.

    Per questo motivo essi furono aspramente criticati dai loro contemporanei, soprattutto da Platone e Aristotele, ed erano offensivamente chiamati «prostituti della cultura».

    Ironicamente, i sofisti furono i primi ad elaborare il concetto occidentale di cultura (paideia), intesa non come un insieme di conoscenze specialistiche, ma come “metodo di formazione” di un individuo nell’ambito di un popolo o di un contesto sociale

    Essi riscossero successo soprattutto presso i ceti altolocati.

    La figura del sofista, come persona che si guadagna da vivere vendendo il proprio sapere, si pone come precursore dell’educatore e dell’insegnante professionista

    Argomento centrale del loro insegnamento è la retorica: mediante il potere persuasivo della parola essi insegnavano la morale, le leggi, le costituzioni politiche; il loro intento era di educare i giovani a diventare cittadini attivi, cioè avvocati o militanti politici e, per essere tali, oltre ad una buona preparazione, bisognava anche essere convincenti e saper padroneggiare le tecniche retoriche.

    I sofisti, a differenza dei filosofi greci precedenti, non si interessano alla cosmologia e alla ricerca dell’archè originario, ma si concentrano sulla vita umana, diventando così i primi filosofi morali. Vengono distinte due generazioni di sofisti:

    Sofisti della prima generazione:

    Protagora, Gorgia, Prodico e Ippia

    Sofisti della seconda generazione, solitamente allievi dei primi, sono a loro volta distinguibili in:

    Sofisti politici: Antifonte, Crizia, Trasimaco, Licofrone, Callicle, Alcidamante, Polo, l’Anonimo di Giamblico

    Sofisti della physis, si interessano del rapporto natura-uomo, spesso conducendo studi naturalistici: Antifonte, (Ippia)

    Eristi, portano all’esasperazione il metodo dialettico: Eutidemo e Dionisodoro, Eubulide di Mileto

    Altri: Seniade di Corinto, forse l’anonimo autore dei Dissoi logoi