“Disinganno”, scultura commissionata da Raimondo di Sangro e realizzata da Francesco Queirolo nel 1754, si trova nella Cappella Sansevero a Napoli. Considerata un capolavoro del barocco napoletano, è un esempio straordinario di virtuosismo scultoreo, definita da Giangiuseppe Origlia come “l’ultima prova ardita” della scultura in marmo. L’opera, magistralmente scolpita, presenta un uomo che, assistito da un putto, si libera da una rete, simbolo delle catene dell’ignoranza e del male. La realizzazione anatomica del soggetto principale è impressionante, mentre la rete, scolpita con leggerezza nel marmo, sembra quasi trasparente e sfida le leggi della materia.
Questo elemento ha reso il “Disinganno” celebre, suscitando ammirazione tra viaggiatori sette-ottocenteschi.

La delicatezza della rete è tale che Queirolo dovette personalmente rifinire la scultura, poiché gli artigiani specializzati rifiutavano di toccarla per paura di danneggiarla. La rete rappresenta una trappola che imbriglia e distrae, mentre l’ansia del soggetto riflette il suo desiderio di liberazione. L’opera è dedicata al padre di Raimondo, Antonio, noto per una vita avventurosa e disordinata, che tornò a Napoli in cerca di redenzione.
Il contrasto tra luce e ombra, evidenziato da un bassorilievo con la scritta “Qui non vident videant” (quelli che non vedono vedranno), allude alle iniziazioni massoniche, dove l’iniziando, bendato, scopre la verità. Un altro bassorilievo rappresenta Gesù che restituisce la vista a un cieco, con una dedica che esalta le virtù e le colpe del padre, sottolineando come l’umanità non possa mostrare grandi virtù senza affrontare i propri vizi.
Il “Disinganno” continua a stimolare la riflessione contemporanea, ponendo interrogativi sui legami tra materia e spirito, verità e illusioni. La rete simboleggia infatti le dipendenze moderne, che limitano la libertà individuale e compromettono salute e relazioni. Queste catene, che possono derivare da sostanze, comportamenti o tecnologie, creano una falsa illusioni di controllo mentre si precipita nella dipendenza stessa. Per liberarsene, è fondamentale riconoscere il problema e cercare aiuto, affrontando il vuoto interiore che alimenta tali legami.
In sintesi, la scultura rappresenta la liberazione dell’anima dai vincoli terreni, un tema centrale nella filosofia della Cappella Sansevero. Essa simboleggia l’umanità in ricerca della verità, mentre l’angelo rappresenta la grazia divina che illumina il percorso umano. La rete, quindi, non è solo una meraviglia tecnica, ma una potente metafora delle illusioni dalla quale l’anima deve liberarsi, invitando alla riflessione sulle schiavitù moderne e alla ricerca di un intervento divino per liberare da relazioni oppressive e difficoltà quotidiane.