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Pubblica Sicurezza: dalla Polizia del re alla Polizia dei cittadini

    Nelle società democratiche il principale indicatore di successo per valutare l’efficienza degli organi che si occupano della sicurezza interna è la loro capacità di conciliare il rispetto delle libertà e dei diritti individuali con la tutela delle istituzioni, delle leggi, della sicurezza e dell’ordine pubblico; nei sistemi autoritari, invece, il principale e forse unico criterio di valutazione è la loro efficacia nel combattere gli oppositori al regime interno.
    L’oscillazione tra questi due poli su cui si orienta tutta l’attività di polizia è facilmente riscontrabile nelle analisi storiche sulle origini e sull’evoluzione che ha subìto il concetto di pubblica sicurezza: nell’ambito dei regimi autoritari essa si configura come attività svolta dall’alto, ovvero dal potere politico e quindi, come strumento per assicurare il rispetto delle leggi dello Stato ed imporlo ad individui e gruppi che si vengono a trovare in una posizione di subalternità e si caratterizza per l’uso della forza coercitiva nel controllo della vita dei cittadini.


    Nell’ambito delle moderne società democratiche viene vista come una funzione creata per rispondere alle richieste dei cittadini di protezione e di sicurezza e quindi come strumento per prevenire e reprimere qualsiasi atto di violenza nei loro confronti.
    In tale ottica la pubblica sicurezza non è più uno strumento di controllo dell’elite politica nei confronti di una società civile considerata potenzialmente ostile e nemica, ma come un’attività al servizio dei cittadini e a tutela della pace sociale.


    L’evoluzione da una polizia del Governo, autoritaria, statalista e dipendente direttamente dall’esecutivo, ad una polizia dei cittadini ha comportato profonde modificazioni nell’organizzazione delle funzioni dello Stato e nell’attribuzione delle relative attività operative.
    La storia della Pubblica Sicurezza e degli organi del sistema di sicurezza pubblica può costituire un osservatorio privilegiato per cogliere nelle vicende del nostro Paese i caratteri originari dello spirito pubblico e la loro trasformazione a seguito dell’evoluzione dei costumi e delle dinamiche politiche, sociali ed economiche.
    Proprio per evidenziare la particolare rilevanza dei valori di libertà e sicurezza, nel momento fondante dello Stato unitario e nell’organizzazione dell’amministrazione della pubblica sicurezza in senso moderno e quindi come amministrazione civile, il re Carlo Alberto introdusse la nuova denominazione di Pubblica Sicurezza; in questo modo voile anche rassicurare tutti coloro che avevano combattuto per l’Unita d’ltalia e che erano stati perseguitati dai regimi assolutistici dell’800, sul nuovo indirizzo politico adottato dalla nascente monarchia costituzionale.
    Tuttavia le esigenze dello Stato unitario e le esperienze che si andavano sviluppando negli altri Stati europei, resero necessaria 1’istituzione accanto alle strutture civile di forze armate deputate a funzioni di polizia e pertanto svincolate dal rispetto di alcuni degli obblighi tipici delle forze militari tradizionali.


    L’evoluzione storica del concetto di pubblica sicurezza, con particolare riferimento alle trasformazioni che hanno caratterizzato 1’organizzazione dell’attività dei corpi di polizia, attraverso le numerose modifiche del loro assetto organizzativo, sono espressione fedele di una continua rielaborazione del concetto di Sicurezza Pubblica, in funzione delle mutate condizioni politiche e socio-culturali del nostro Paese.
    II concetto di sicurezza pubblica, pertanto, può assumere diversi significati.
    Per una parte degli studiosi ci sarebbe un rapporto di specie a genere con il concetto di ordine pubblico: il concetto, di ordine pubblico si identifica con le attività volte alla prevenzione di qualsiasi fatto criminoso, il concetto di sicurezza pubblica riguarderebbe, più nello specifico, la prevenzione dei reati contro la sicurezza dei cittadini e dei loro beni.


    Secondo altri quando si parla di sicurezza pubblicato ci si riferisce all’incolumità fisica dei cittadini, meritevoli di tutela nei confronti di qualsiasi lesione o messa in pericolo.
    Altri, ancora adottano un criterio di spiegazione più restrittivo e circoscrivono il concetto alla salvaguardia dell’incolumita fisica quando in uno spazio più o meno definito vengano a trovarsi piu persone.


    Secondo la dottrina attualmente più accreditata con la locuzione pubblica sicurezza si indica uno dei compiti primari ed essenziali dello Stato; essa comprende 1’insieme delle attività, apparati e Autorità che l’ordinamento giuridico predispone per garantire un adeguato grado di sicurezza ai cittadini, per prevenire i reati anche attraverso l’uso della forza e dei poteri coercitivi indispensabili al ripristino della legalità e infine per fronteggiare emergenze e gravi necessita collettive.


    Si tratta quindi di un concetto ampio che riguarda quindi non solo le attività di polizia, nel senso tradizionale di assicurare il rispetto delle norme di legge, ma ogni attività posta in essere per tutelare la collettività.
    Infatti quando si utilizza il termine Pubblica Sicurezza immediatamente si richiama alla mente il concetto di Polizia che in genere è utilizzato per indicare il complesso delle attività istituzionali di gestione delle comunità umane organizzate; storicamente infatti esso trae origine dal concetto di polis della Grecia antica e quindi e molto prossimo al concetto di governo, inteso come potere esecutivo, che gestisce l’autorità conferitagli dalla comunità di riferimento per l’amministrazione della cosa pubblica e in funzione del bene comune.


    In un concetto moderno, invece, per Polizia si intende un corpo istituzionale preposto alla tutela dell’ordine pubblico in presenza di fatti lesivi dello stesso e di gravi emergenze o calamità naturali; quasi tutti gli ordinamenti nazionali, infatti, prevedono l’istituzione e l’impiego di forze di polizia, anche se sono evidenti le differenti concezioni, a seconda delle specificità culturali e giuridiche nei diversi sistemi organizzativi.
    Sulla base di queste considerazioni alcuni studiosi hanno operato una distinzione tra un concetto di sicurezza pubblica in senso ampio ed uno in senso stretto; rientra in questa seconda nozione l’attività di prevenzione e repressione delle attività criminose, attività questa di pertinenza dello Stato e delle sue articolazioni periferiche.


    Rientrano invece nella prima nozione tutti quegli interventi posti in essere dai diversi attori istituzionali e sociali presenti sul territorio e impegnati nella tutela dell’ambiente, del lavoro, dell’immigrazione e in genere e di tutte le forme di emarginazione.
    Le origini moderne dell’Amministrazione di pubblica sicurezza si possono ritrovare nel R.D. 30 settembre 1848 n. 798 del Regno Sabaudo, con il quale fu disposta 1’istituzione in tutto il Regno di una Amministrazione di Sicurezza Pubblica, alle dipendenze del Ministro per gli affari Interni e preposta alla tutela della vita e dei beni del cittadino, al mantenimento dell’ordine pubblico e al controllo sul rispetto delle leggi.


    Dal momento che tale riforma si inseriva nel più ampio disegno della riforma dell’amministrazione comunale e provinciale, si stabilì che nei Comuni Sindaci fossero preposti anche alla pubblica sicurezza.
    II sistema fu successivamente completato, con la legge n. 1404 del 1852 che, nell’intento di ridimensionare la Guardia, Nazionale che costituiva un corpo di polizia volontaria e quindi non del tutto affidabile, provvide alla creazione del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza al quale furono attribuiti specifici compiti di Polizia di città.


    Nel giro di pochi anni venne approvata la prima legge organica di pubblica sicurezza del Regno sabaudo (L. n. 6 dell’8 luglio1854) che poi costituirà il modello di riferimento per le prime leggi dell’Italia unita e in particolare della legge n. 2248 del 20 marzo 1865 che tracciò le linee essenziali dell’apparato di governo delle forze di polizia e le articolazioni centrali e periferiche della riformata Direzione Generale di P.S.; veniva quindi confermato il modello organizzativo napoleonico basato sulla divisione di compiti tra un copro di polizia civile ed uno militare (il Corpo dei Carabinieri) destinato a compiti anche di controllo delle campagne.


    Negli anni immediatamente successivi all’unità fu necessario ricorrere anche all’aiuto dell’esercito soprattutto per far fronte al brigantaggio nelle zone del meridione e alle agitazioni politiche e sociali che minacciavano gravemente l’ordine pubblico.
    Tale sistema si mantenne inalterato durante il regime fascista, anche se si assistette ad un’enorme espansione dell’attività di pubblica sicurezza, attraverso una lettura molto ampia del concetto di ordine pubblico: l’attività autoritativa di polizia iniziò ad invadere ogni aspetto della vita sociale ed economica e diventò uno strumento di controllo politico.


    Proprio in questo periodo fu approvato il R.D. 773 del 18 gennaio 1931 (Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza); l’art. 1 dispone che l’autorità di pubblica sicurezza vegli al mantenimento dell’ordine pubblico, alla sicurezza dei cittadini, alla loro incolumità e alla tutela della proprietà; cura 1’osservanza delle leggi e dei regolamenti generali e speciali dello Stato, delle province e dei comuni, nonché delle ordinanze delle autorità; presta soccorso nel caso di pubblici e privati infortuni.


    Per mezzo del suoi ufficiali ed a richiesta delle parti provvede alla bonaria composizione dei dissidi privati.
    Obiettivo dell’autorità di pubblica sicurezza e quello di garantire le condizioni di pace sociale, prevenendo i fattori che potenzialmente la minacciano ed eliminando gli stati di turbativa già in atto.


    Con lo stesso provvedimento furono meglio definite le Autorità di Pubblica sicurezza: a livello nazionale le attribuzini dell’autorità di pubblica sicurezza sono esercitate dal Ministro dell’Interno; le attribuzioni a livello provinciale sono esercitate dal Questore e dal Prefetto; le attribuzioni dell’autorità locale sono esercitate dal capo dell’ufficio di pubblica sicurezza o, in mancanza, dal sindaco in qualità di ufficiale di governo.
    Il prefetto viene quindi collocato in posizione sovraordinata con poteri di direzione e di controllo anche molto incisivi sull’operato del questore.
    Con la fine del regime fascisata e l’emanazione della Costituzione Repubblicana il concetto di ordine pubblico ha recuperato la sua portata originaria, anche se le strutture organizzative del sistema sono rimaste le stesse.


    Solo a partire dalla fine degli anni ‘60, a seguito di un innalzamento dei livelli di criminalità terroristica e mafiosa, si è cominciata ad avvertire l’esigenza di una revisione organica del sistema.


    Con la legge n. 121 del 1981 viene approvato il “Nuovo ordinamento dell’amministrazione di pubblica sicurezza” che ha definito una nuova e più efficiente struttura amministrativa.
    La nuova struttura si articola sui tradizionali tre livelli: il Ministro dell’interno, il Prefetto, il Questore e il Sindaco; ciascuna di queste autorità è investita di responsabilità politica, amministrativa generale e tecnico operativa.


    II Ministro quale Autorità nazionale di pubblica sicurezza è responsabile, a livello centrale, della tutela dell’ordine e della sicurezza, ha l’alta direzione dei servizi di ordine e sicurezza pubblica e coordina i compiti e le attività delle forze di Polizia; nell’esercizio di queste funzioni si avvale dell’Amministrazione di pubblica sicurezza che, ai sensi dell’art. 3 della legge ha un proprio ordinamento e ha natura civile e del proprio Dipartimento della pubblica sicurezza cui e preposto il Capo della Polizia con compiti di attuazione delle direttive in materia e del coordinamento di tutte le forze di polizia.
    Inoltre il Ministro di avvale della consulenza del Comitato Nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica; il comitato è composto dai vertici nazionali delle forze di polizia ed è competente ad esaminare ogni questione di carattere generale e ad esprimere il parere sugli schemi di provvedimenti in materia.


    Limitatamente al territorio provinciale la responsabilità amministrativa generale per il mantenimento dell’ordine e della sicurezza fa capo al prefetto che ha il compito di sovrintendere all’attuazione delle politiche nazionali in materia e di garantire il coordinamento delle attività delle forze di polizia operanti sul territorio si sua competenza.
    Nello svolgimento dei suoi compiti, in parallelo con quanto accade a livello nazionale, può avvalersi della collaborazione del Comitato Provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.


    II questore, invece, opera come autorità di P.S. sia a livello provinciale, sia a livello locale nel comune capoluogo; negli altri comuni 1’autorità di pubblica sicurezza è rappresentata dai funzionari posti a capo dei Commissariati o, in mancanza, dal Sindaco.
    La legge specifica anche che ai fini delta tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, oltre alla Polizia di Stato, sono Forze di polizia, fermo restando i rispettivi ordinamenti e dipendenze istituzionali: l’Arma dei carabinieri (in cui è confluito il Corpo Forestale dello Stato) e la Guardia di Finanza; inoltre può essere chiamata a concorrere nell’espletamento di tali servizi la Polizia Penitenziaria.
    Nell’ambito di tale complessa struttura si articolano particolari relazioni gerarchiche: il prefetto dipende gerarchicamente dal ministro dell’interno in via diretta, mentre il questore dipende al contempo dal prefetto e dal capo della Polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza che a sua volta dipende dal Ministro.


    II sindaco dipende funzionalmente dal prefetto e dal questore; tuttavia, qualora eccezionali esigenze di servizio lo richiedano, il prefetto o il questore su autorizzazione del prefetto, può inviare funzionari della Polizia di stato nei comuni dove non vi è un Commissariato, sospendendo la competenza del sindaco quale autorità locale di P.S..
    Questo sistema presenta delle variazioni nell’ambito delle regioni a Statuto speciale.


    Il sistema della pubblica sicurezza è stato sempre considerato come una funzione di esclusiva competenza dello stato.
    Tuttavia a partire dagli anni ’70, nel quadro dell’attuazione del decentramento amministrativo a seguito dell’istituzione delle Regioni e del trasferimento delle funzioni dallo Stato agli Enti locali, alcune attività sono state attribuite alle regioni e pertanto hanno perso il carattere di pubblica sicurezza (Ad. es. il D.P.R. 616/77 ha attribuito ai Comuni una di funzioni prima ricomprese nel Titolo III del TULPS, come i provvedimenti autorizzativi in materia di esercizi pubblici, spettacoli, etc.).


    Un vero e proprio decentramento delle funzioni statali si è avuto solo a partire dalla fine degli anni ’90 con la legge Bassanini n. 59 del 1997 e del successive decreto attuativo (D. Lgs. 112/98); in particolare in quest’ultimo provvedimento il legislatore ha specificato che i compiti e le funzioni relative all’ordine pubblico e alla sicurezza pubblica consistono nell’adozione di misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell’ordine pubblico, inteso come il complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi primari sui quali si regge l’ordinaria e civile convivenza sociale (Art. 159, c. 2 D lgs 112/98); tali funzioni spettano in via esclusiva allo Stato.


    Tuttavia prevenzione e sicurezza non possono più essere considerati nel senso tradizionale del termine e non possono non coinvolgere direttamente anche gli enti locali; in quest’ottica va letto il decreto legislativo n. 279 del 1999 che prevede la partecipazione del sindaco e del presidente delta provincia come membri permanenti al Comitato provinciale per 1’ordine e la sicurezza pubblica e Part. 7 del D.P.M.C. del settembre 2000 in materia di polizia amministrativa locale in base al quale lo Stato, le Regioni e gli enti locali collaborano in via permanente, nell’ambito delle rispettive attribuzioni, al perseguimento di livelli ottimali di sicurezza e di tutela dei diritti dei cittadini.
    Tale impostazione è stata fatta propria dalla riforma costituzionale del Titolo V nel 2001 che nel riscrivere l’art. 117 ha inserito l’ordine e la sicurezza pubblica nell’elenco delle materie riservate alla legislazione esclusiva dello Stato.