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PISSTA

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Regina del Cancan

    Schizzinosa la “Regina del cancan” della Belle Époque non lo era di sicuro, se i parigini iniziarono a chiamarla “la Golosa” per la sua discutibile abitudine di svuotare i bicchieri lasciati a metà dagli spettatori sui tavolini del Moulin Rouge.

    “La Goulue” (all’anagrafe Louise Weber) non se ne faceva un problema, perché ai suoi occhi il senso di repulsione provato dagli avventori del locale dinanzi a quella pratica era solo il capriccio di qualche damerino viziato.

    Ci voleva ben altro per scandalizzare lei, nata il 2 luglio del 1866 in un sobborgo di Parigi da una famiglia operaia di origine alsaziana.

    Fra fatiche e privazioni di ogni tipo, coi genitori sempre presi dal problema di mettere insieme il pranzo con la cena, la piccola Louise imparò presto a badare a se stessa, uscendo di casa già a 16 anni.

    Eccola esibirsi presso il Moulin de la Gallette come ballerina, attività che l’aveva affascinata sin da bambina tanto che, secondo un aneddoto, alla Prima Comunione pare si sia presentata in tutù.

    Il successo fu immediato e le spalancò le porte del più famoso Moulin Rouge.

    Sfrontata, impulsiva, capace di esibirsi in mirabolanti spaccate e alzate di gamba, planava sul proprio pubblico che l’acclamava come una dea apprezzando molto, nella parte maschile, la generosità delle sue curve che da sole riempivano il palcoscenico.

    Con la bocca in perenne movimento, se non masticava un boccone, distribuiva insulti e parolacce suddividendoli con democratico equilibrio fra borghesi e aristocratici.

    Al Principe di Galles, futuro re Edoardo VII d’Inghilterra, un giorno disse: “Hey, Galles! Stasera sei tu a offrire lo champagne o ci pensa tua madre?”.

    Libera e disinibita, amava disporre del proprio corpo come meglio credeva, facendo spallucce di fronte alle accuse d’indecenza che le piovevano addosso dai benpensanti.

    Già madre di un figlio “di padre ignoto” (“un principe, secondo lei) nel 1900 si sposò con un domatore di animali che l’introdusse nel mondo circense, dove iniziò a esibirsi col marito finché l’attacco di un puma, se non l’uccise, le provocò uno choc dal quale non si sarebbe mai più del tutto ripresa.

    Dopo la prematura morte del coniuge, i problemi di alcolismo, gli acciacchi di salute conseguenti a una vita vissuta sempre trasgredendo le regole e la solitudine di un mondo nel quale ormai faticava a riconoscersi, segnarono l’inizio della mesta parabola discendente.

    Esibendosi per un pubblico sempre più ristretto, si richiuse nel baraccone di sua proprietà presso la “Foire du Trône”.

    Per ornarlo, a scopi pubblicitari aveva a suo tempo commissionato all’amico Toulouse-Lautrec due monumentali pannelli che la ritraevano al culmine del successo: « La danse mauresque » e « La danse au Moulin Rouge ».

    Esposte per anni alle intemperie, scolorite, quelle magnifiche tele seguirono tristemente il declino della loro padrona che alla fine, per racimolare qualche quattrino, decise di venderle per pochi franchi dopo averle fatte sezionare in riquadri per guadagnarci qualcosa di più.

    Quando, ridotta ormai in stato di grave indigenza e dimenticata da tutti, Madame Louise (coma aveva ripreso a farsi chiamare) spirò il 2 febbraio del 1929, fu sepolta alla presenza di pochi intimi in una tomba di poche pretese, nel cimitero di Pantin.

    Se le tele di Toulouse-Lautrec, riacquistate dallo Stato, furono riassemblate ed esposte nel Musée d’Orsay, per ridare il meritato lustro alla memoria della “Goulue” si dovette attendere sino al 1992.

    In quell’anno, alla presenza dell’allora sindaco di Parigi Jacques Chirac, le sue spoglie mortali furono ricollocate in una tomba degna di tale nome nel cimitero di Montmartre, con una di quelle solenni cerimonie pubbliche in cui la Francia ha pochi rivali.