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Il violinista del diavolo…

    Il 27 Ottobre 1782, in un tipico caruggio di Genova, nasceva Nicolò Paganini.

    All’età di 6 anni a causa di un attacco di morbillo fu ritenuto morto , ma durante il servizio funebre fece un movimento che gli permise di non essere sepolto vivo.

    Si gridò al miracolo e la sua figura per tutta la vita fu accompagnata da una fama diabolica.

    Sta di fatto che anche il suo aspetto non smentiva la nomea…

    Aveva i capelli lunghi e scarmigliati, gli mancavano dei denti, l’imponente naso aquilino spiccava sul viso pallido e ossuto.

    Magrissimo e cupo, si vestiva sempre di nero e portava occhiali dalle lenti blu, perché sapeva che parte della sua fama era dovuta all’aura di mistero che lo circondava.

    L’aspetto tenebroso, però, nulla toglieva alle sue qualità di musicista.

    Le sue magistrali esecuzioni incantarono i colleghi dell’epoca: «Ho sentito cantare un angelo», disse di lui Franz Schubert e il commento di Gioacchino Rossini fu : «Solo due volte ho pianto in vita mia: quando un tacchino infarcito di tartufi mi cadde accidentalmente nell’acqua e quando sentii suonare Paganini. “

    Il musicista, terzo di sei figli, non ebbe un’infanzia molto felice a causa di numerose patologie e per la severità del padre.

    Il genitore, infatti, obbligava Niccolò ad esercitarsi con il violino chiudendolo a chiave in una stanza anche per dodici ore consecutive perché studiasse.

    La sua bravura , però, era tale che presto si diffusero dicerie su un presunto patto con il diavolo per favorire simile bravura.

    In effetti, pare che soffrisse della “Sindrome di Marfan”, una malattia rara che gli permetteva movimenti in torsione delle dita raggiungendo un virtuosismo senza pari con il suo strumento e, ben presto, divenne famosissimo e molto ricco

    «Non sono bello , ma quando mi ascoltano le donne cadono tutte ai miei piedi», diceva Niccolò e al suo fascino cedette anche la cantante Antonia Bianchi che gli procurò una delle più grandi gioie della vita: il figlio Achille, venuto alla luce nel 1825.

    Tre anni dopo , però , il piccolo venne abbandonato dalla madre e Paganini si occupò di lui con dedizione e amore incondizionati.

    Le sue condizioni di salute erano , però, precarie e le tournée a cui si sottoponeva in Italia e in Europa lo spossavano oltre ogni misura.

    Come se non bastasse, assumeva mercurio per “curare” la sifilide, una terapia che oggi sappiamo essere velenosa.

    Nei suoi ultimi anni diventò completamente afono e fu costretto a comunicare con il mondo per iscritto.

    Morì a Nizza il 27 maggio 1840, a 58 anni.

    Da sempre inviso alla Chiesa , per le intemperanze e gli scandali, malgrado non fosse ateo gli vennero negati i funerali e la sepoltura in terra consacrata.

    Il corpo finì imbalsamato ed esibito a pagamento in un macabro tour.

    Furono alcuni amici a strapparlo da questo triste destino e dal 1876 riposa nel Cimitero della Villetta, a Parma.

    È rimasta celebre la sua frase «Paganini non ripete» che non era affatto, come si pensa, una sua altezzosità.

    La disse soltanto una volta, al Teatro Carignano di Torino, in risposta al Re Carlo Felice di Savoia che gli aveva chiesto un bis.

    Lui improvvisava, perciò ogni sua esibizione risultava unica e irripetibile e suonava con tale ardore che spesso finiva stremato con i polpastrelli doloranti.

    La sfacciataggine , ad ogni modo , gli costò cara : venne infatti espulso per due anni da Torino , il che gli diede modo di coniare il suo famoso motto:

    ” I grandi non temo, gli umili non sdegno